Valentina sentì bussare alla porta, e sentì un tuffo al cuore. Era lui

“Avanti,” disse Domenico.

La porta si aprì, e Loretta, una delle governanti, si affacciò alla porta, tenendo gli occhi bassi, al pavimento, per non vedere. Tutte le governanti sapevano cosa succedeva in camera di Domenico quando Valentina era lì, e stavano bene attente a fingere di non saperlo, a non vedere nulla, non sentire nulla.

“Un ragazzo per lei, padrone,” disse Loretta. “Antonio Messina. Dice di avere avuto l’invito. Posso farlo salire?”

“Sì,” rispose Domenico. Loretta disse qualcosa e chiuse la porta, sparendo.

Il vecchio si volse verso Valentina, sorridendo. La squadrò lentamente, assaporando quello che vedeva: le gote infuocate dall’imbarazzo per quello che stava per succedere; il giovane corpo nudo, eccetto per un paio di scarpe col tacco e una camicetta bianca, completamente sbottonata; i seni legati alla base con grossi elastici da lavoro, e pinzati sui capezzoli con due mollette da bucato ciascuno; le cosce aperte, la bella vulva giovane, depilata, spalancata come sempre per Domenico; le ginocchia appoggiate sui braccioli della poltroncina, le mani congiunte dietro lo schienale, disponibile per le voglie del padrone di casa.

“Non vedo l’ora di conoscere il tuo ragazzo,” disse lui, facendo arrossire Valentina ancora di più. Sollevò il bastone da passeggio, e lo appoggiò al sesso aperto di Valentina.

“Chiedi, da brava,” disse.

“Per favore…” mormorò lei, suo malgrado, le lacrime agli occhi, “lo infili dentro, signor Russo…”

Lui sorrise…

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C’era voluto molto tempo perché Valentina trovasse il coraggio di dire ad Antonio qualcosa di quanto succedeva a casa Russo. Alla fine, i sensi di colpa erano stati semplicemente troppo forti, e si era decisa.

Aveva detto ad Antonio che Domenico si prendeva delle libertà… che la toccava… poco altro. Era stata attenta a non mentire, ma allo stesso tempo si era tenuta lontana dal dire tutto…

Da quel momento Antonio aveva insistito per sapere di più, conoscere ogni dettaglio. Si era arrabbiato, all’inizio; aveva minacciato di lasciarla. Valentina lo aveva supplicato di perdonarla. Una sera (una che lei non avrebbe dimenticato facilmente), di fronte alle suppliche di Valentina, aveva avuto un moto d’ira. “Vuoi che ti perdoni? Nuda, subito,” le aveva detto. Erano parcheggiati con l’auto, ai bordi di un giardino appartato, un po’ fuori città. Valentina si era spogliata. Lui era sceso dall’auto, l’aveva afferrata per i capelli e trascinata fuori. “A quattro zampe, per terra,” le aveva detto. Valentina aveva obbedito. E Antonio aveva cominciato a possederla da dietro, come un animale, schiaffeggiandole le natiche con tutte le sue forze e chiamandola con ogni sorta di insulto mentre scaricava la propria rabbia dentro di lei…

Valentina aveva subito, senza ribellarsi, schiacciata dai suoi sensi di colpa. Ed era venuta per prima, in silenzio, piangendo…

In seguito, Antonio si era scusato per come l’aveva trattata, ma Valentina aveva fatto di tutto per fargli capire che trovava il suo comportamento, la sua rabbia, persino la sua violenza comprensibili. Antonio l’aveva guardata come non l’aveva mai guardata prima, uno sguardo strano, intenso, profondo.

Ovviamente, erano tornati ancora sull’argomento, e alla fine Antonio aveva chiesto di vedere Domenico e parlargli. Il vecchio aveva acconsentito, dandogli un appuntamento.

Valentina si era sentita terribilmente a disagio nei giorni successivi, i giorni che la separavano dal giorno in cui i due si sarebbero parlati. Ma solo il giorno prima Domenico le aveva rivelato le sue intenzioni; e in quel momento Valentina si era sentita morire.

“Domani, quando Antonio verrà a parlarmi,” le aveva detto Domenico, “voglio che ci sia anche tu. So che è il tuo giorno libero, ma verrai lo stesso, alla solita ora. Quando lui arriverà, ti troverà qui.”

Valentina aveva spalancato gli occhi, scuotendo debolmente il capo. Il vecchio le aveva sorriso, tre dita sprofondate fino alla nocca nel giovane sesso indifeso della ragazza.

“E vedrà coi suoi occhi come mi servi quando vieni da me,” aveva continuato Domenico…

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Antonio entrò nella stanza. Dopo un solo passo, si fermò, la bocca spalancata.

Valentina lo aveva avvisato: gli aveva detto che ci sarebbe stata anche lei, e che Domenico non avrebbe fatto eccezioni, non l’avrebbe trattata in modo diverso dal solito. Antonio le aveva chiesto cosa succedeva “di solito”, si era immaginato una quantità di cose imbarazzanti che avrebbe potuto trovarsi di fronte. Eppure non era preparato a quello che aveva ora davanti agli occhi: la sua fidanzata seminuda, legata, con le cosce aperte in quel modo osceno… e penetrata dal bastone di quel vecchio…

La guardò, e lei ricambiò lo sguardo, solo un momento, le guance rosse per la vergogna e l’imbarazzo, gli occhi lucidi di lacrime.

“Antonio!” disse Russo, sorridendo, “avanti, avanti, accomodati pure.”

Antonio chiuse la bocca, ma rimase immobile, incapace di reagire, paralizzato.

“Ma chiudi la porta prima, per favore,” fece il vecchio.

Il ragazzo si volse e chiuse la porta; delicatamente, come per non far rumore.

“Sono sicuro che non vuoi fare scemenze,” proseguì il vecchio. “Certamente conosci la famiglia Russo. Non siamo gente che apprezza gli scherzi, specialmente quelli violenti. Non ci piace neppure sentire alzare la voce. Lo sai, vero?”

Antonio annuì. “Sì, signor Russo,” disse.

“Allora siediti,” disse il vecchio, indicando ad Antonio una poltroncina uguale a quella su cui sedeva Valentina, e posizionata di fronte all’altra: una posizione ideale per vedere bene Valentina, il suo corpo nudo, umiliato, violentato…

Antonio si sedette.

Guardò di nuovo Valentina, negli occhi; e poi, mentre lei ancora lo guardava, scese con lo sguardo ai seni della ragazza, e poi alla sua vulva aperta, al bastone…

“Ecco, così,” disse il vecchio, con un tono di approvazione, “guarda la tua ragazza, guarda com’è combinata, e dimmi cosa provi guardandola.”

Improvvisamente, Antonio prese coscienza della situazione, e provò un moto di repulsione. “Perché dovrei?” rispose, bruscamente.

“Perché te lo sto chiedendo come favore,” disse il vecchio, senza scomporsi. “E non è il caso di essere scortesi.”

Antonio sapeva leggere la minaccia nel tono calmo del vecchio; una minaccia implicita. Quello che Russo aveva detto prima era vero, la sua non era una famiglia con cui prendersi libertà. “Io…” cominciò Antonio, cercando le parole per stemperare la tensione.

Domenico fece una risata, e spinse dentro il bastone, strappando un gemito di dolore a Valentina. Antonio si sentì di nuovo paralizzato, e scordò di stare per dire qualcosa, guardando gli occhi di lei. Il vecchio cominciò a muovere lentamente il bastone, facendolo scivolare in dentro e in fuori nel sesso di Valentina, mentre i due fidanzati si guardavano. A ogni spinta in dentro, il bastone penetrava più a fondo; Valentina emise un nuovo gemito involontario – questa volta, inequivocabilmente, un gemito di piacere.

“Non stai rispondendo,” incalzò il vecchio, rivolto ad Antonio. “Ti aiuto, ragazzo. Comincia a dirmi se ti piace quello che vedi.” Fece una risata. “E non dirmi di no, perché non mi piacciono i bugiardi, ragazzo.”

Sfilò il bastone, e lo fece scivolare in su, sfiorando il ventre nudo e i seni di Valentina, fino al suo volto. La ragazza dischiuse le labbra, lasciando che il vecchio le facesse scivolare in bocca l’estremità del bastone. Doveva essere sporca, pensò Antonio; ma Valentina accolse il bastone docilmente, chiuse le labbra attorno ad esso.

“Allora? Ti piace?”

Antonio scosse il capo, stringendo i pugni. Esitò.

Poi annuì. Guardando Valentina, disse: “sì, signor Russo. Sì, certo, mi piace.”

Mentre lui diceva quelle parole, poteva leggere il dolore negli occhi della sua ragazza. Non solo per il sì, mi piace; ancora di più per quel certo…

“Hai fatto caso, ragazzo,” disse Domenico, “quand’è stata l’ultima volta che hai fatto godere Valentina?”

Domenico scosse il capo. “Cosa significa?”

“Quando è stato?”

“Non lo so… non lo so di sicuro. Qualche giorno?”

Il vecchio fece un ghigno. “Una settimana, forse?”

Antonio esitò. Sì, Domenico aveva ragione. “Come lo sa?”

Domenico rise. “Perché sono io che le ho ordinato di non venire con te,” disse. “Quando abbiamo stabilito che tu saresti venuto qui, una settimana fa le ho dato quest’ordine. Le ho concesso di venire in un solo modo, per tutta la settimana.”

“Quale modo?”

“Te lo posso mostrare, se vuoi” disse Domenico, sorridendo. “Ma…”

“Ma…?”

“È una cosa molto, molto umiliante per Valentina. Lo è quando è sola con me… lo sarà ancora di più farlo davanti a te.”

Antonio non rispose.

“Allora? Lo vuoi vedere?”

Antonio guardò Valentina. Lei non disse nulla, non fece nessun cenno, si limitò a guardarlo, ancora con le lacrime agli occhi, un’espressione di implorazione…

Antonio non poteva mentire. Era sconvolto, arrabbiato, ma allo stesso tempo affascinato da quello che stava succedendo.

“Sì, lo voglio vedere,” disse.

Valentina chiuse gli occhi, solo un istante. Una lacrima stava scendendo lungo la sua guancia.

Il vecchio le sfilò il bastone di bocca. Quindi, la guardò negli occhi, battendosi una mano sulla gamba. “Qua, da brava cagnolina.”

Valentina arrossì ancora di più. Lentamente, delicatamente, si alzò dalla sedia. Si asciugò le lacrime col dorso della mano, con un gesto delicato, quasi impercettibile. Quindi, si avvicinò al vecchio. Si inginocchiò, e si piegò sulle ginocchia, aprendo le cosce, e abbassandosi fino ad appoggiare il sesso sul piede di Domenico. Il vecchio indossava delle pantofole di feltro ruvido. Con le mani che le tremavano, Valentina slacciò la giacca da camera di Domenico; quindi, gli sbottonò i calzoni del pigiama, e gli abbassò le mutande. Antonio ebbe solo una velocissima visione del membro dell’uomo, flaccido, storto, rugoso, peloso. Distolse subito lo sguardo.

Dopo aver liberato il membro dell’uomo, Valentina tornò a portare le mani dietro la schiena, come sulla poltroncina. Guardando Domenico negli occhi, inarcò la schiena per spingere i seni legati e gonfi bene in avanti. Quindi, cominciò a strofinare la propria vagina sulla pantofola del vecchio.

Antonio guardava con gli occhi sgranati. Il vecchio gli diede uno sguardo soddisfatto. “Non credevi che l’avresti mai vista così, vero?”

Antonio scosse il capo.

Domenico sorrise, e si chinò in avanti verso Valentina, afferrandola per la coda di cavallo e tirando il volto della ragazza verso di sé. Lei lo assecondò, obbediente, e aprì la bocca, continuando a fissare il vecchio, e tirando fuori la lingua.

Il vecchio fece un verso con la gola, come a raccogliere del catarro.

“Oddio…” si lasciò sfuggire Antonio, “che schifo…”

Istintivamente, chiuse gli occhi per non vedere, mentre il vecchio sputava in bocca a Valentina, ma li riaprì subito. Non poteva non guardare. Osservò il bel volto di Valentina mentre la ragazza deglutiva il disgustoso grumo che il vecchio le aveva sputato sulla lingua. “Grazie, signor Russo,” disse lei, con la voce strozzata. “Ancora, per favore…” e tornò ad aprire la bocca, e tirar fuori la lingua.

Era chiaro che si trattava di un copione, un copione rivoltante e umiliante che Russo le aveva imposto di imparare a memoria. Era disgustoso e orribile. Eppure, Antonio si rese conto di essere sempre più eccitato. Dentro di lui stava cominciando a formarsi un pensiero… Se lui la tratta così, posso farlo anche io. Valentina vuole che resti con lei… e ha bisogno di me… non può dirmi di no…

E questo pensiero tendeva la patta dei suoi calzoni…

Russo stava ancora tenendo Valentina per i capelli; avvicinò di nuovo il viso, e sputò di nuovo, questa volta ignorando l’invito della bocca aperta di lei e sputandole prima su una guancia, poi sull’altra, poi sul naso e gli occhi. Valentina ringraziò a ogni sputo, continuando a strofinare il proprio sesso sul piede di lui.

Di nuovo, Domenico guardò Antonio con un ghigno. Il ragazzo rimase in attesa di quello che stava per succedere.

Il vecchio lasciò i capelli di Valentina, appoggiandole la mano sulla nuca e spingendole la testa in basso. Docilmente, la ragazza si piegò in avanti. Questa volta Antonio non chiuse gli occhi, osservandola prendere in bocca il membro del vecchio, ancora flaccido. Domenico mise anche l’altra mano sulla testa di Valentina, e poi socchiuse gli occhi, con una espressione di piacere…

Antonio si rese conto solo qualche secondo di quello che stava succedendo. Aveva pensato che il vecchio pretendesse di essere servito con la bocca, ma non era quello. Stava orinando… con calma, direttamente nella gola di Valentina. Antonio la sentì deglutire, affannosamente. E la sentì gemere, la vide strofinarsi con più forza contro la pantofola di feltro di Domenico.

Quando il vecchio fu soddisfatto, spinse indietro di poco la testa di Valentina, tornando a trattenerla per i capelli. Antonio vide il membro dell’uomo che usciva dalla bocca della sua fidanzata, ancora flaccido, e poi la lingua di lei che puliva con cura quel glande avvizzito. E poi di nuovo Domenico che la spingeva indietro, tirandole i capelli, le metteva il volto in posizione, aspettava che lei offrisse bocca e lingua, e sputava di nuovo…

Valentina stava ansimando sempre più forte.

“Ci sei, cagnolina? Pronta?” chiese il vecchio.

Valentina annuì, la lingua di fuori… Proprio come un cane, pensò Antonio.

Il vecchio annuì. “In piedi.”

Anche questo, era evidente, faceva parte del rituale. Valentina sapeva benissimo cosa fare. Si alzò in piedi, allargando le gambe.

Domenico si sporse in avanti, e appoggiò la bocca, spalancata, al sesso di Valentina. Si sentì un rumore di saliva, inequivocabile: la stava leccando… anzi lappando, con vigore, avidamente. Valentina inarcò il busto, cominciando a gemere… ansimare…

“Per favore… signor Russo… per favore…” gemette. Antonio la guardò: il bel volto della ragazza, così innocente, pulito… ancora lucido della saliva di Domenico… un piccolo, disgustoso grumo fra il naso e l’occhio destro.

Domenico si tirò indietro, smettendo improvvisamente di leccarla, scoppiando in una risata. Valentina lo guardò, le gote rosse, gli occhi lucidi, ansimante.

“Oggi non verrai così facilmente, piccola, mi spiace” disse il vecchio, divertito. “Abbiamo qui il tuo fidanzato… non sarebbe cortese escluderlo, non credi?”

Antonio guardò Domenico, preso di sorpresa da quella frase.

“Di solito faccio venire Valentina sulla mia bocca,” proseguì il vecchio. Strizzò l’occhio, sorridendo. “Mi piace molto il succo della sua fica, e certe volte schizza… lo sai?”

Antonio non sapeva cosa dire. Non era mai successo, con lui, o non se ne era mai accorto…

“Ma non oggi…“ continuò Domenico. “Oggi deve fare di più per meritarselo.” Si volse verso Valentina. “Intanto, masturbati, davanti a noi.”

Valentina obbedì, portando entrambe le mani al sesso. Con la sinistra, si aprì delicatamente le grandi labbra, cominciando ad accarezzarsi con la destra. Antonio la guardò di nuovo, guardò il bel viso arrossito di lei, e di nuovo il suo sguardo fu attratto dal grumo di saliva.

“Ti piace vedere quel bel volto insozzato, mi pare,” disse Domenico. “Devo dire la verità, anche a me. Qualche volta chiamo qualcuno dei ragazzi, i giardinieri, o uno degli autisti, la faccio mettere in ginocchio, e chiedo che le vengano in faccia. Uno solo, o più di uno. Mi piace molto.”

Antonio arrossì. Non era mai venuto sul volto a Valentina, aveva sempre pensato che lei lo avrebbe considerato disgustoso. Anche questa è una cosa che non potrà più rifiutarmi, pensò.

“Valentina ha questo bel viso da brava ragazza… è una brava ragazza… è davvero eccitante vederla dopo che le sono venuti in faccia… certe volte chiedo che le vengano negli occhi… è uno spettacolo…”

Antonio guardò di nuovo Valentina, che stava ascoltando il vecchio, continuando suo malgrado a masturbarsi.

“Comunque,” disse quindi Domenico, “prima che decidiamo se e come far venire la tua fidanzata… Vorrei parlare con te, Antonio, da uomo a uomo…”

Antonio staccò gli occhi dal volto di Valentina, richiamato improvvisamente alla realtà. “D’accordo,” disse.

“Da parte mia,” iniziò Domenico, “non ho nulla contro di te o contro il fatto che tu sia fidanzato con Valentina, e non ho intenzione di intromettermi nella cosa. Almeno, nella misura in cui anche tu sai stare al tuo posto.”

“Il mio posto?”

“Valentina lavora per la famiglia Russo, e ora conosci le modalità del suo lavoro. La considero una mia proprietà, e mi sento libero di disporre di lei come mi pare, e questo non è in discussione.”

Antonio arrossì, ma non disse nulla.

“Deciderò liberamente che turni farle fare; a volte starà qui da me anche la notte, o un intero weekend, o una settimana, se lo decido. E farà e si farà fare tutto quello che vorrò, come sempre.”

Fece una pausa, quindi proseguì: “Se tu puoi accettare questo fatto, non avrai problemi da me. E c’è di più, anzi. Quando è fuori di qui, quando torna a casa in famiglia, Valentina sarà di tua proprietà.”

“Cosa significa?” chiese Antonio, il cuore che cominciava a battergli più forte.

“Significa che nessuno metterà in discussione quello che fai o non fai con Valentina, perché io ti autorizzo a fare quello che vuoi.”

Antonio guardò ancora il vecchio, aspettando che continuasse.

“Smetti di toccarti e aprila,” disse Domenico a Valentina, senza nemmeno guardarla. Valentina si fermò. Il suo corpo era lucido di sudore. Antonio la guardò mentre spalancava di più le cosce, prendeva le grandi labbra con le dita, e le tirava verso l’esterno…

Il vecchio riprese in mano il bastone, e lo sollevò, portandolo fra le cosce di Valentina e cominciando a strusciarlo sul suo sesso aperto. Il clitoride della ragazza era gonfio ed esposto, e il vecchio non era delicato… Ma nemmeno gli interessava esserlo. Tornò a guardare Antonio.

“Insomma,” proseguì Domenico, con una risatina, “la prossima volta che vai a trovare la tua fidanzata a casa, non dovrai aspettare di essere in camera per darle un bacio. Potrai sbatterla contro il tavolo e scoparla davanti ai suoi genitori, se vorrai. O farla mettere in ginocchio a succhiartelo mentre sei lì a cena da loro. Non ti diranno nulla, se sanno che hai la mia benedizione.”

Antonio sentiva il membro che gli scoppiava nei pantaloni.

“Allora, ragazzo? Affare fatto?” rise Domenico.

Antonio guardò Valentina di nuovo. Lei lo guardava in silenzio, piangendo. Lo stava implorando con lo sguardo. Ma non aveva bisogno di fare quello che lei avrebbe voluto da lui. Non riuscì a trattenere un ghigno…

“Affare fatto, signor Russo,” disse. Sotto gli occhi inorriditi della ragazza, i due suggellarono l’accordo con un baciamano appena accennato.

“Ora, ragazzo,” disse quindi Domenico, abbassando il bastone e facendo un cenno a Valentina – che ricominciò suo malgrado a masturbarsi, obbedendo a quell’ordine silenzioso, “sono certo che tutto questo ti ha creato, per così dire… una certa necessità…”

Antonio fece una smorfia. Sapeva di cosa parlava il vecchio. “Eh… beh… sì, signor Russo, direi di sì…”

“Come ti ho detto, qui comando io,” continuò Domenico. “Ma se ti va, puoi essere mio ospite.”

Antonio esitò. L’idea di fare l’amore con Valentina davanti a un estraneo, in un certo senso, lo metteva in imbarazzo e a disagio. Allo stesso tempo, quel vecchio lo affascinava… dentro di sé, sapeva che non si sarebbe pentito di spingersi oltre, di vedere cos’aveva in mente quel porco…

“La ringrazio molto, signor Russo…” disse infine.

Domenico fece un cenno di approvazione, e si volse verso Valentina. “Hai sentito, piccola?” le disse, ridendo. “Oggi ti faccio violentare dal tuo fidanzato…”

Lei scosse il capo, le lacrime agli occhi, mugolando debolmente una implorazione incomprensibile – senza smettere di masturbarsi…

“Ci sono dei lacci di cuoio sul mio comodino,” disse Domenico. “Prendine uno. E prendi il nastro adesivo” Antonio annuì, e si alzò dalla poltroncina. Provò un momento di imbarazzo per l’evidente erezione, ma l’idea che si sarebbe presto sfogato… e che lo avrebbe fatto violentando Valentina, gli fece subito dimenticare il disagio. Andò al comodino. Spalancò gli occhi vedendo la collezione di oggetti che c’erano appoggiati sopra: lacci, corde, mollette, spilli e aghi, nastro adesivo, puntine da disegno… non fece fatica a immaginare che si trattasse di vari oggetti che il vecchio usava per tormentare Valentina…

Prese il laccio e un rotolo di nastro adesivo da pacchi.

“Smetti di toccarti,” disse Domenico alla ragazza, “e mettiti in ginocchio.”

Valentina obbedì subito, inginocchiandosi per terra.

“Mani dietro la schiena.”

Di nuovo lei obbedì.

“Legale i polsi,” disse quindi Domenico ad Antonio. “Ben stretti. Le faremo molto male… Tu, le farai male. Avere i polsi ben legati la aiuterà a sopportare senza storie.”

Antonio cominciò a legare i polsi di Valentina, il membro ancora più duro contro la patta dei pantaloni.

Domenico attese che avesse finito, quindi proseguì: “nastro adesivo sulla bocca.”

Antonio sorrise di nuovo, e strappò un grosso pezzo di nastro adesivo. Afferrò Valentina per i capelli, tirandole indietro la testa, e le piazzò il nastro sulla bocca, guardandola mentre lo faceva. Piazzò il nastro in malomodo, tutto storto, incollandole al viso anche una ciocca di capelli.

“È solo una cosa psicologica,” continuò Domenico, ridendo, “non è che possa ribellarsi granché, e in casa sono abbastanza abituati a sentirla urlare. Ma così starà più brava in generale.”

Antonio annuì. Valentina stava singhiozzando, ora, ma lui la ignorò completamente. Voleva fare alla svelta… Tirarlo fuori, possederla, usarla…

“Portala al comodino. In ginocchio, trascinala. Lei sa perché.”

Antonio annuì ancora. Stava ancora tenendo Valentina per i capelli; le diede un violento strattone per farla muovere. La ragazza, continuando a piangere, strisciò in ginocchio fino al comodino. Anche se sapeva cosa la aspettava – e Antonio aveva il netto sospetto che non fosse una cosa piacevole – Valentina non disse una parola per cercare di far cambiare idea al vecchio. Probabilmente sapeva che sarebbe stato inutile…

“Apri il cassetto,” disse ancora Domenico. Antonio aprì il pesante cassetto di legno massiccio del comò.

Era vuoto.

“Non c’è niente,” disse.

“Per ora,” rise Domenico. “Mettici le tette di Valentina.”

Antonio capì cosa stava succedendo. Sorrise. “Sì, signor Russo.”

Spinse Valentina avanti per i capelli, facendole sollevare il busto, e spostandola avanti e indietro finché la posizione non fu perfetta, e i seni legati di Valentina non furono nel cassetto.

Guardò il vecchio, sperando di aver capito qual era la prossima cosa che gli avrebbe chiesto. Domenico annuì, sorridendo. “Le farà malissimo, credimi. Le fa sempre malissimo, e di più quando ha le tette legate in quel modo…”

Antonio sentì il cuore che gli batteva fortissimo. Stava davvero per farlo? Era una tortura terribile, avrebbe lasciato dei grossi lividi sui seni di Valentina, li avrebbe martoriati più di quanto non stessero già facendo gli elastici che li legavano alla base. Era estremo, selvaggio, sadico.

Esitò, guardò Domenico. “Signor Russo,” disse quindi, facendosi coraggio. “E posso anche… nel frattempo…”

Domenico annuì di nuovo. “Certo,” gli disse. “Fatti il primo giro sulla tua nuova puttana, ragazzo.”

Antonio fece un ghigno, piegandosi in avanti sulla ragazza inginocchiata. Appoggiò una mano sulle natiche nude di Valentina, accarezzandole, e allungando il medio verso l’ano di lei, mentre l’altra mano andava al cassetto. Portò la bocca all’orecchio della ragazza. Stava per sussurrarle qualcosa, forse te lo sei meritata, ma non era vero. In tutto ciò, Valentina era solo ed esclusivamente una vittima.

E questo lo eccitava terribilmente.

“Mi dispiace,” le sussurrò. Ma non riuscì a non sorridere mentre lo diceva. “Mi dispiace tanto,” aggiunse, spingendo col dito medio nell’ano di lei; e questa volta, il tono della sua voce era inequivocabile: la stava prendendo in giro. Valentina scoppiò ancora in singhiozzi, proprio mentre Antonio spingeva con forza il cassetto in avanti, schiacciando con un gesto secco i seni legati della ragazza. Valentina emise un gemito, chinando il capo in avanti, piegata dal dolore.

Antonio tolse la mano dalle natiche di lei, e si tirò su. Anche senza la pressione della sua mano, il pesante cassetto di legno restava ben chiuso, immobile, stretto come una morsa sulla carne giovane della ragazza.

E si poteva stringere anche di più, senza dubbio: spingendo ancora.

Antonio si slacciò la cintura, con calma, guardando il corpo nudo di Valentina sotto di lui, alla sua mercé, sentendo i mugoli di disperazione e dolore della ragazza inginocchiata.

Si abbassò i boxer, e si sistemò dietro di lei. Non ricordava l’ultima volta in cui aveva avuto un’erezione così potente. Il suo membro era turgido, gonfio, rosso. Si mise su di lei, come un animale, appoggiato alla schiena della ragazza, spinse il proprio membro in quella vagina invitante, che aveva già penetrato tante volte, ma mai così… mai con così tanta soddisfazione.

Appoggiò entrambe le mani al cassetto, e spinse ancora, con forza. Sentì il sesso di Valentina che gli stringeva il membro, come per un riflesso automatico dovuto alla fitta di dolore… spinse più a fondo dentro di lei, spinse più a fondo il cassetto. Cominciò a fotterla con violenza, tenendo una mano sul cassetto e una nei capelli di Valentina, tirandole la testa indietro – solo per farle ancora più male.

Il vecchio si era avvicinato per vedere meglio, sedendosi sul proprio letto, accanto al comodino.

Portò una mano al volto di Valentina, le prese il mento, le fece voltare il viso verso di sé.

“Ora,” le disse. “Puoi venire ora.”

Valentina scosse il capo, piangendo, come a dire che non poteva.

Devi venire ora,” disse Domenico, freddamente.

Valentina chiuse gli occhi.

Antonio la sentì sussultare, di nuovo il sesso di lei che si stringeva sul suo membro, tutto il corpo della ragazza scosso da tremiti. Non sapeva come Domenico l’avesse addestrata in quel modo, non riusciva a crederci… Valentina stava venendo… i seni schiacciati nel cassetto, i capelli tirati con violenza, il suo ragazzo intento a violentarla senza ritegno… era fradicia di lacrime, eppure stava venendo…

Antonio emise a sua volta un gemito; si appoggiò al cassetto con entrambe le mani, si appoggiò con tutto il proprio peso, chiedendosi solo per un attimo se non stava esagerando, se non rischiava di farle troppo male, di sfregiare per sempre quel corpo così bello…

E nello stesso momento in cui si faceva quella domanda, Antonio cominciò a venire, a fondo nel grembo di lei, copiosamente, il membro piantato nel sesso di Valentina fino alla radice… schizzo dopo schizzo dopo schizzo…

Il vecchio stava ridendo.

Valentina era immobile, distrutta, ansimante, il viso appoggiato sul comodino, i capelli bagnati di sudore e lacrime. Il vecchio la guardò.

“Sono molto contento di aver conosciuto Antonio,” le disse lui. “È davvero un bravo ragazzo… siete una bellissima coppia. Sarà un marito perfetto.”

Era una frase che poteva suonare ironica; ma tutti i presenti sapevano che, in realtà, Russo aveva abbastanza potere da ottenere persino quello, se lo voleva: costringere Valentina a sposare un sadico che l’avrebbe condannata a una vita di tortura.

La ragazza inginocchiata ricominciò a piangere; Antonio sentì che gli stava di nuovo diventando duro. Diede un’occhiata complice a Domenico…