Nuovo episodio recuperato da Milù. Questa volta ho fatto qualche aggiustamento alla trama. Rimane sempre il solito disclaimer, questa è una produzione secondaria, dove esploro per gioco temi che non mi sono familiari, senza troppo impegno…

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Uscimmo dall’ufficio del Maestro imbarazzati e tremanti. Speravamo che per quel giorno non sarebbe successo altro – a parte ovviamente la mia prima umiliazione con Salvo… ma ci sbagliavamo. 

Incontrammo Anna fuori dalla porta. Era già informata di tutto, e disse che ci avrebbe raggiunti in camera di lì a mezzora.

Mi misi in tasca l’intimo di Elena, e ci avviamo a passo rapido verso l’ala dell’edificio dove si trovava la nostra stanza. Le stavo vicino, come per proteggerla, e istintivamente a un certo punto le passai un braccio dietro la schiena. La mia mano però finì sui suoi fianchi, e non appena provai la sensazione della sua pelle morbida e della curva invitante del suo corpo, capii che anche quel semplice gesto di protezione era troppo sensuale, e mi ritrassi. Elena mi guardò con uno sguardo sollevato. Le presi la mano.

Mentre camminavamo, notammo qualche drappello di ragazzi, e incrociammo qualche inserviente, facendo del nostro meglio per andare avanti come se niente fosse.

Eravamo quasi arrivati alle scale quando sentimmo la voce di Ivan.

“Elena, Luca!”

Immediatamente, mi sentii in trappola. 

Nel gruppetto dei nostri “amici”, era quello che sopportavo meno, e l’ultimo che avrei voluto incontrare in quella circostanza. Il suo interesse per Elena era sempre stato un po’ troppo ostentato, anche se in presenza degli altri, soprattutto di Marco, cercava di contenersi. Quel giorno, però, non era con Marco e con gli altri. Era con Simone, un suo amico che avevamo visto solo poche volte. Se possibile, mi piaceva meno di Ivan. Era un Quarto livello, e tendeva a trattare tutti dall’alto in basso, soprattutto noi appena arrivati. 

I due si avvicinarono.

“Cosa succede, ragazzi?” disse Ivan, divertito. “Nuove regole?”

Odiavo la sua risatina.

“Sì,” mormorò Elena, abbassando lo sguardo. 

Era di fronte a due studenti di livello superiore… uno dei due di livello molto superiore. Allargò le gambe.

“Eh sì, vedo, nuovissime regole,” disse Ivan, ridendo. Diede una bella occhiata al corpo di Elena, e poi si volse verso di me, sarcastico. “Oh, le vostre regole sono sempre molto piacevoli… per gli altri!”

Io non raccolsi. “Stavamo andando in camera”, dissi, prendendo Elena per mano e facendo per tirarla via. Lei esitò. “È solo che non può più indossare intimo…” continuai, “e non aveva dietro altro. Deve andare a vestirsi.”

“Ah, quindi non andrà sempre in giro così, d’ora in poi,” disse Ivan. Rise. “Peccato. E questo invece?” aggiunse, indicando le cosce divaricate di Elena.

“Deve stare… così… davanti a quelli di livello più alto del nostro.”

Anche Simone guardava Elena apertamente. A differenza di Ivan, la guardava con un’aria di sufficienza, come se non gli interessasse quello che vedeva.

“Andiamo?” dissi ancora a Elena, cercando di nuovo di tirarla via.

Simone smise di guardare Elena e si rivolse a me. Fino a quel momento non credo mi avesse mai rivolto la parola direttamente, le poche volte in cui ci eravamo incontrati. Aveva parlato qualche volta con Elena, ma sempre quasi a fatica.

“Un attimo, Luca” disse. “Ti chiami Luca, giusto?”

“Sì.”

“Sapevo che le tue regole erano di assecondare le relazioni fra Elena e gli altri ragazzi,” continuò. Chi glielo aveva detto? Il sorrisetto di Ivan mi tolse il dubbio. “Hanno cambiato le regole anche a te?”

Scossi il capo. “No,” dissi.

“Ah. Mi sembrava che volessi tagliar corto per non farci guardare troppo Elena.”

Improvvisamente mi resi conto che Simone mi stava giudicando, e il mio sguardo andò al piccolo drago che aveva appuntato sulla maglietta, il simbolo del Quarto Livello. Ricordai che uno dei compiti dei Fratelli del Quarto era quello di “aiutare” i discepoli di livello inferiore a mantenere il cammino. Il tono di Simone era severo. Mi sentii terribilmente imbarazzato. Personalmente non consideravo Simone una figura autorevole, a differenza dei Maestri o del Direttore; era quasi nostro coetaneo, e nella vita normale non lo avrei nemmeno preso in considerazione. Ma lì era tutto diverso, e lui aveva effettivamente l’autorità per sgridarmi come se fossi uno scolaretto. Sperai che Ivan intervenisse a sdrammatizzare, visto che lui e Simone erano amici, ma sembrava che stesse semplicemente sogghignando, divertito dalle mie difficoltà.

Cercai una scusa. “In realtà… stiamo aspettando Anna… deve venire in camera fra poco.”

Simone si volse verso Elena. “Fra quanto tempo dovrebbe arrivare?” chiese.

Lei esitò. Certamente sospettava che avrebbe potuto complicare la mia situazione, ma non ebbe il coraggio di mentire. “Credo che abbia detto… mezz’ora,” mormorò.

Simone le sorrise, e poi tornò a voltarsi verso di me. “Avevi fretta di interrompere lo spettacolo?” mi disse, con un tono più severo di prima. “Anna non sta arrivando, la vostra camera è qui sopra… Non c’era nessuna fretta di rientrare.”

Per un attimo fui tentato di replicare, ma decisi di non peggiorare la situazione.

“Scusa,” mormorai io. “Hai ragione. Ho sbagliato.”

“Fammi ricapitolare. Elena è andata in giro per una settimana in intimo… in reggiseno e mutandine – mutandine bagnate, a quanto dicono…” continuò Simone. “In questo momento è nuda. Se non ho capito male d’ora in poi la vedremo sempre con le cosce aperte.” Sorrise. “Noi, almeno’, continuò, indicando vagamente sé stesso e Ivan, per rimarcare che il noi non comprendeva me. “Devi abituarti al fatto che la gente la guardi. Devi cedere il controllo.”

Annuii, fingendo di apprezzare la lezione. “Sì,” risposi. “Hai ragione.”

Simone mi fissò con uno sguardo di sfida. Gli si leggeva in faccia che non credeva alla mia buona fede.

“Sai una cosa? Voglio guardare Elena nuda senza te presente.”

Io trasalii. “Cosa?”

Cosa stava dicendo? Dovevo andarmene? Si aspettava che la lasciassi lì?

“Così capirai cosa vuol dire non avere il controllo, e scoprirai che puoi conviverci. Persino amarlo.”

Silenzio. Mi aspettavo che mi dicesse di togliere il disturbo, ma non fu così.

“Mandami Elena in camera, questa sera.”

Fu come un pugno nello stomaco, sentii che mi mancava il fiato. Non capivo nemmeno cosa stesse realmente dicendo: l’avrebbe vista nuda? Cosa significava? L’avrebbe solo guardata? O intendeva dire qualcos’altro? Guardai Elena, lei non rispose al mio sguardo. Era sorpresa e impaurita, ma come sempre manteneva un atteggiamento remissivo, accettava l’autorità, anche quella di Simone.

“Ti sto aiutando,” disse Simone, ancora rivolto a me.

Ancora una volta ero vicino a esplodere. La sensazione di impotenza era insopportabile.

“Si…” mormorai. “Grazie.”

Ivan guardava la scena, ancora con quel sorriso divertito. Mi chiesi se avrebbe fatto in modo di trovarcisi anche lui, a casa di Simone…

Elena mi guardò per un istante, e mi accorsi che stava per dire qualcosa. Speravo in una reazione, ma non riuscii a decifrare il suo sguardo. Alzò il viso verso Simone.

“Come devo vestirmi?” mormorò. 

Non potevo crederci… Eppure era chiaro, quello era un messaggio rivolto a me. Elena mi stava dando l’esempio. Cedere il controllo.

“Non so che vestiti mi lascerà Anna,” continuò, “ma se posso…”

“Non importa come sei vestita,” rispose Simone, “ti spoglierai appena sarai nella stanza.”

“Va bene,” rispose lei, arrossendo. “Grazie”.

Mi diede di nuovo quello sguardo.

Io feci uno sforzo sovrumano.

“Grazie,” mormorai.

Simone sorrise.

“Andate.”

Questa volta non osai prenderla per mano. Salimmo le scale in fretta.

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Anna arrivò in camera nostra poco dopo, come previsto, e selezionò i vestiti che Elena poteva indossare. Com’era prevedibile, eliminò tutti i pantaloni e i vestiti lunghi (non consentendo nulla oltre la mezza coscia) e conservò minigonne e vestiti corti. 

Fu incerta su un paio di shorts di cotone molto corti. “Questi provali,” disse a Elena. Elena li indossò. Anna le si avvicinò e li tirò su il più possibile in vita, allontanandosi poi di un passo per vedere l’effetto. Tirati su in quel modo, senza mutandine sotto, delineavano in modo abbastanza chiaro le grandi labbra e il monte di Venere di Elena.

Con un bel tacco alto anche questi possono andare,” commentò Anna. “A maggior ragione perché sappiamo che…” Le si avvicinò e le disse qualcosa nell’orecchio. Per come Elena arrossì, immaginai che fosse un commento su quello che si diceva delle sue mutandine bagnate.

Si passò alla selezione dei top, e furono selezionati solo quelli scollati o molto aderenti. Le scarpe rimasero le stesse: solo quelle col tacco alto.

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Quando Anna uscì, si era fatta ora di pranzo. Ovviamente non avevamo un grande appetito, ma andare a pranzo era un rito nella Casa dell’Ordine, e non si poteva mancare; senza contare il mio “appuntamento” con Salvo. Elena mise un vestito semplice, leggero, beige, e dei sandali marroni col tacco alto. Anche se aveva scelto la cosa meno appariscente fra quelle rimaste, era indiscutibilmente sexy.

Ci sedemmo in un tavolo in disparte. Il fatto che Elena si presentasse finalmente vestita suscitò qualche interesse, ma ovviamente meno di quanto non facessero i reggiseni a balconcino o i tanga dei giorni precedenti. Lei sembrava tranquilla, e più contenta del solito, e cercavo di condividere la sua serenità, anche se non potevo scacciare dalla mente l’ansia per il mio compito, né la minaccia di Simone. 

Salvo era di turno. Cercavo accuratamente di non guardarlo, e cercavo il coraggio di fare quello che dovevo fare.

Mangiammo il primo, e poi finalmente mi decisi. 

Guardai Elena negli occhi. “Vado,” dissi. Arrossimmo tutti e due. “Sì,” mormorò lei.

Cercando di mantenere un contegno nonostante le gambe che mi tremavano, mi avviai verso Salvo. Lui mi vide arrivare, e si fermò, appoggiando le mani sui fianchi.

“Guarda chi si vede,” disse, sprezzante.

“Ciao,” dissi, remissivamente. Le gambe cominciarono a tremarmi di più. Mi accorsi di sentirmi come una ragazzina del liceo che avvicina un ragazzo che le piace, e quel pensiero mi fece stare ancora più male, accendendo ancora di più il mio imbarazzo.  

“Posso… posso parlarti un attimo?” balbettai.

Lui mi guardò in silenzio, aspettando.

“Noi…” cominciai, e mi bloccai. Raccolsi il coraggio. “Ne… vorremmo ancora.”

Lui fece un sorrisino, ma finse non capire. “Cosa vorreste?”

“Quello… Quello che hai dato… alla mia fidanzata…” dissi, con un filo di voce, guardandomi intorno.

“In pratica,” disse lui, senza disturbarsi a tenere la voce bassa come me, “mi stai chiedendo di sborrare di nuovo in un bicchiere perché vuoi darlo da bere alla tua ragazza?”

Io stavo morendo di vergogna. “Sì….”

“E perché dovrei farlo?”

Io arrossii. In realtà, non ci avevo nemmeno pensato, nella confusione di quelle ore. Improvvisai: “Ti… ti pagheremo. Ti paghiamo.”

Lui rise. “Quanto?”

Fui di nuovo colto di sorpresa. “10… 20 euro?” dissi.

Lui mi guardò con un’aria quasi offesa. Misi le mani in tasca, per cercare cos’avevo. Tirai fuori una banconota da 50, e mentre lo facevo, trovai le mutandine di Elena. Esitai, e presi anche quelle. Salvo le vide e mi diede uno sguardo misto di disprezzo e soddisfazione.

“50,” mormorai, “e queste…”

“Sono usate?”

“Sì”.

“Se è vero quello che dicono, devono essere molto profumate,” disse lui. Io feci per dargli tutto, ma lui mi fermò con un gesto. “50 euro sono troppo pochi,” disse. “ne voglio 200.”

Arrossii. Era come se Salvo sapesse che ero obbligato a procurarmi quello sperma. Probabilmente lo immaginava, forse non era la prima volta che alla Casa succedeva qualcosa del genere.

“Non li ho qui… ma va bene… te li posso portare più tardi…”

“Io fra poco finisco il turno e vado a casa.”

“Te li porterò domani. Gli altri 150…”

Lui mi guardò sprezzante. “Posso farti credito fino a domani,” disse, “ma anche questo non è gratis.”

Arrossii. “Cos’altro… cos’altro vuoi?”

“La sega me la fai tu, davanti a lei.”

Sentii il cuore che mi saliva in gola. “Cosa…?”

“Andiamo al vostro tavolo, e mi fai una sega mentre guardo la tua ragazza. E poi lei beve tutto davanti a me.”

Esitai ancora; ma non avevo scelta. Dovevo ottenere quello che il Maestro aveva chiesto, e Salvo poteva dettare qualsiasi regola. “Va bene,” mormorai ancora. “Grazie.” Avrei voluto poter opporre resistenza, ma invece lo ringraziai cercando di suonare e apparire più remissivo che potevo… speravo che questo segno di sottomissione lo rendesse più incline a venirmi incontro. Avrei avuto bisogno di lui ogni giorno…

Mi guardò sprezzante e annusò le mutandine. Alzò gli occhi verso Elena senza smettere di inspirare l’odore della mia ragazza… Un odore che non sentivo da molto tempo. Non sapevo se lei stesse ricambiando il suo sguardo… Ma lo vidi sorridere soddisfatto, prima di girarsi e spostarsi nel retro del bar. 

Rimasi in piedi, ad aspettare. Diedi uno sguardo a Elena. Lei aspettava in silenzio, gli occhi lucidi. Non sapevo se era dispiaciuta per la mia umiliazione, o per la sua, o per cos’altro. Le emozioni erano troppe per riuscire ancora a distinguerle…

Quando Salvo tornò, aveva uno sguardo divertito. Aveva in mano un bicchiere, un bicchiere da cocktail. Per rendere la cosa più umiliante, qualcuno aveva messo anche una fetta di limone e un ombrellino decorativo. “Cosa fai qui, coglione?” mi apostrofò. “Al tavolo, abbiamo detto.”

Arrossii e mormorai di scusarmi, girandomi e camminando verso il tavolo. Elena diede uno sguardo al bicchiere, arrossendo, e fu sorpresa nel vederlo ancora vuoto…

“Ecco a voi,” disse Salvo, passando il bicchiere a Elena. “Lo tieni tu questo, tesoro?”

Elena arrossì. Era tesa, non capiva cosa stesse succedendo. Prese il bicchiere.

E arrossì ancora di più quando Salvo mi si rivolse dicendo: “tiralo fuori e fai il tuo dovere, coglione.”

Mi tremavano le mani. Era molto peggio di quanto avessi immaginato. Elena mi guardò, aveva le guance in fiamme per l’imbarazzo. Timidamente, slacciai i pantaloni di Salvo, la cinta, il bottone della patta, e poi abbassai la cerniera. Per un attimo, esitai, non sapendo bene cosa fare. “Tira giù, coglione,” disse Salvo.

Mi guardai attorno. Ovviamente avevamo molti sguardi puntati addosso; diversi commensali agli altri tavoli ci indicavano e bisbigliavano, divertiti. Mi resi conto che cose di quel genere non dovevano accadere poi molto raramente alla Casa, nessuno sembrava veramente sorpreso. Così mi feci coraggio, e tirai giù calzoni e boxer di Salvo. Il suo membro era grosso e nodoso, già quasi completamente eretto.

Delicatamente, tremando sempre più visibilmente, lo presi in mano… e cominciai a masturbarlo lentamente sopra il bicchiere.

“Guarda bene, tesoro,” disse Salvo, rivolto a Elena.

Elena guardò il membro di Salvo, la mia mano che lo massaggiava delicatamente. Qualcuno negli altri tavoli stava ridendo…

Mi sembrò un’eternità… avrei voluto sprofondare, costretto a masturbare quell’uomo odioso davanti alla mia fidanzata… masturbarlo per ottenere il suo sperma, sapendo che avrebbe insozzato la bocca che un tempo baciavo con passione…

Finalmente Salvo venne, scaricandosi copiosamente nel bicchiere. Lo tenni fermo, puntato dritto verso l’obiettivo, lo sentii tremare nelle mia mani ripetutamente. Alla fine, nel bicchiere c’erano due o tre centimetri di sperma denso e giallastro.

“C’è ancora una goccia,” disse Salvo, riferendosi a una gocciolina di sperma che spuntava dalla sua uretra. “Puliscimi con la lingua, coglione. Non vogliamo sprecare niente, no?”

Guardai Elena, allarmato. Questo era molto, molto di più di quanto avrei mai pensato di poter fare per compiacerla, per l’Ordine. Mi sembrava impossibile persino che quella cosa fosse una possibilità… ma guardando gli occhi di Elena, la sua espressione sofferente di fronte alla mia esitazione, capii che non solo era una possibilità… era anche inevitabile.

Avvicinai la bocca, timidamente, e pulii il glande di Salvo con un gesto strano, breve ma sottomesso… un bacio con una veloce leccata.

Elena appoggiò il bicchiere, e io lasciai il membro di Salvo. Lui rise, e si tirò su i pantaloni. “E ora,” disse, ficcando una mano nella tasca del gilet, “mancano solo queste…”

Tirò fuori due cannucce colorate.

Lo guardai. Due cannucce. Due…

“Ce n’è abbastanza per entrambi,” disse Salvo. “Potete bere allo stesso bicchiere, come innamoratini.”

Esitai. Non era quello che il Maestro aveva chiesto. Però sapevo che avrei avuto ancora bisogno di Salvo il giorno dopo… e quello dopo ancora… Di nuovo, non avevo altra scelta che sottomettermi, sottostare.

Mi arresi. “D’accordo…”

Salvo infilò le cannucce nel liquido denso. Dietro i lui, erano comparsi altri due camerieri. Uno di loro teneva in mano le mutandine che avevo dato a Salvo. “La tua fidanzata ha un odore da vera femmina” commentò, ed entrambi risero. Era evidente che le mutandine di Elena erano passate di mano in mano, in cucina. Incassai senza reagire.  

“Vogliamo uno spettacolo come si deve,” disse Salvo. “Bevete il vostro drink e poi baciatevi con la lingua, con la bocca piena tutti e due.”

Mi bloccai. “Io… non posso baciarla.”

Salvo scrollò le spalle. “Non ci sono alternative,” disse.

Rimasi immobile, ancora una volta incerto sul da farsi. Qualsiasi scelta sarebbe stata sbagliata. In ogni caso, avrei disobbedito a una disposizione del Maestro. Una delle due scelte, però, mi umiliava ancora una volta, come fidanzato e anche come maschio. Non c’era dubbio su quale avrebbe scelto il Maestro. Ripensai allo sguardo di Elena quando aveva chiesto a Simone come vestirsi… quella remissività… voleva che la imitassi. Dovevo accettare…

Inoltre… il pensiero di baciare Elena mi causava una forte erezione, nonostante il contesto umiliante. Era forse una delle poche occasioni in cui avrei avuto una scusa per baciarla e sostenere di farlo in buona fede, nel tentativo di rispettare le regole del mio Primo Cammino…

“Va bene,” dissi.

“Dì alla tua ragazza di aprire le gambe per noi,” disse uno dei camerieri. “Mentre vi baciate.”

Anche questo non era esattamente secondo le regole. I camerieri non erano nemmeno dell’Ordine.

Guardai Elena per chiederle di farlo, ma lei lo aveva già fatto. Aveva aperto le gambe e tirato su il vestito, scoprendo il proprio sesso aperto e mostrandolo ai tre uomini – e, sicuramente, anche a molti dei commensali.

Salvo e gli altri erano nella posizione ideale, dovevano avere una visuale perfetta. Li guardammo. Fecero un cenno di approvazione. Salvo fece un gesto con le dita.

Non ero sicuro di aver capito, ma Elena si. Portò una mano fra le gambe. Dalla mia posizione non potevo vedere cosa stava facendo, ma vidi il pollice alzato di Salvo, gli occhi lucidi di Elena. La stava tenendo aperta con due dita… Avrei voluto poterla solo guardare… Ma non potevo. Lo spettacolo era solo per loro.

“Avanti,” disse quindi Salvo. “E guardatevi negli occhi.”

Io ed Elena ci guardammo, e poi ci avvicinammo al bicchiere. Io presi la cannuccia azzurra, lei quella rosa, e cominciammo a succhiare, guardandoci come ci era stato ordinato. Il sapore era terribile, e mi vennero le lacrime agli occhi. Facemmo un sorso per uno… e poi lei staccò la bocca dal bicchiere, e io la imitai. Si avvicinò a me, e mi baciò. Sentii lo sperma che scivolava sulle nostre lingue, il calore della sua bocca, il suo odore. Il sapore dello sperma era troppo forte per sentire quello della sua bocca… Mi resi conto che non era davvero come baciarla… ancora una volta, nonostante tutto, lei mi stava venendo negata. Ebbi l’impulso di allungare una mano, toccarle almeno una coscia, i fianchi… Ma dovetti trattenermi. Quel bacio disgustoso era l’unica cosa che mi era concessa… Quando il sapore dello sperma cominciò a diminuire – perché lo avevamo deglutito quasi tutto – per un attimo cercai di intensificare il bacio, di strappare qualche istante di piacere…

Elena mi guardò, di nuovo con compassione. Interruppe il bacio, riportò la bocca alla cannuccia, con le lacrime agli occhi. e fece un altro sorso.

Feci altrettanto.

I camerieri guardavano, e non solo loro. Altre persone sedute ai tavoli avevano intuito qualcosa, e ci davano occhiate. Io guardavo gli occhi di Elena… Pensavo al suo sesso aperto sotto il tavolo… Sentivo il bisogno disperato di masturbarmi, e per un attimo pensai “appena siamo in camera”…

Ma poi ricordai che le cose erano cambiate… Il Maestro aveva detto chiaramente che dovevo smettere di masturbarmi così tanto… forse per compiacere Elena non avrei fatto nemmeno quello…

La baciai ancora, a fondo… Disperatamente…